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Conflitto di voci

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Davanti a una chiesa uno straccione

cercava di scordare la fame e il freddo

ammirando la solida struttura

e conversando con le sue voci

(poiché era, dicevano, schizofrenico).

 

E la prima voce,

che era di un santo, gli sussurrava:

“La tua non è povertà, ma libertà.

Siano benedetti i tuoi piedi

per averti condotto in questo luogo sacro,

dedicato a un uomo che volle essere

il più povero tra gli uomini.”

 

La seconda voce,

che era di uno scettico, gli disse:

“Entra nella chiesa e vedrai le pareti

interamente coperte d’oro,

omaggio a S. Francesco

dei mercanti arricchiti

col commercio di schiavi.”

 

E gli disse anche, la voce dello scettico:

“Vedi, il Dio a cui ti affidi è lo stesso

che ha dato ricchezza e santità

ai più spietati mercanti

mentre ha lasciato

che fosse torturato proprio il figlio suo,

e poi lo ha abbandonato sulla croce.”

 

“Non lo ha abbandonato di certo”

replicò la prima voce, quella del santo.

“Prova ne sia che ancora oggi,

e duemila anni sono passati,

è adorato dovunque,

e riesce addirittura a consolare

quelli come te.”

 

Un uomo ben vestito

si avvicinò al mentecatto

e gli gettò una moneta,

poiché si avvicinava il Natale,

poi si voltò sorridente alla chiesa

gonfiando il petto

sicuro di una celeste approvazione.

 

E lo straccione vide allora con turbamento

la solida chiesa flettersi e inchinarsi

al gesto di quel figlio generoso,

per poi erigersi di nuovo verso il cielo,

come una madre orgogliosa.

 

Era la chiesa più bella e sontuosa

che il pover’uomo avesse mai visto

e oltretutto dedicata al santo più simpatico.

Ma si spaventò, il mentecatto,

nel sentirne uscire un acre sentore

di rogo e carne bruciata.

Ebbe paura, perché pensò

per la prima volta c

he la sua povertà

potesse essere un peccato.

 

Fuggì dalla piazza

per rifugiarsi nei vicoli del centro cittadino.

Le voci gli martellavano nella testa.

E quella del santo

gli parlava dei suoi peccati,

quella dello scettico

gli diceva che era in pericolo.

 

Entrò in un fast food

e con la moneta avuta in dono

placò la sua fame

(e si placarono anche le voci).

 

Poi riprese la sua strada senza meta.

Dimenticò l’odore di rogo

e di carne bruciata, mentre camminava ritmando i suoi passi

sui versi di una canzone del vecchio Bob.

 Ivan Pozzoni - 01/01/2018 15:24:00 [ leggi altri commenti di Ivan Pozzoni » ]

Bella! :-)

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